Autore: IN EVIDENZA

Il quarantennale della missione di pace in Libano del «San Marco»

Per le Forze Armate italiane, e per il «San Marco» in particolare, i primi anni Ottanta sono stati anni paradigmatici per una serie di motivi. Dopo la serie di conflitti palestinesi-israeliani, il Libano divenne il luogo di rifugio di più di 110.000 rifugiati palestinesi che crearono degli insediamenti nella periferia sud di Beirut e nel sud del Paese. Inevitabilmente, questi insediamenti non potevano che destabilizzare il Paese dei cedri, dove oltre ai Cristiano Maroniti, c’erano Musulmani Sciiti e Drusi. A cavallo tra gli anni Settanta  e Ottanta, infatti, tra le opposte fazioni, scoppia una guerra civile che causa molte morti tra i vari schieramenti. Il 6 giugno 1982, a supporto delle Milizie Maronite, reparti dell’Esercito israeliano invadono il Libano. Le Forze israeliane occupano il sud del Paese e arrivano ad assediare i quartieri a sud di Beirut, i quartieri dove vivevano i palestinesi di Arafat. La comunità internazionale reagisce e, a seguito di accordi con i belligeranti, una Forza Multinazionale, composta da militari della Francia, dell’Italia e degli Stati Uniti, viene inviata a Beirut per consentire l’evacuazione di Arafat e dei combattenti palestinesi.

La Forza di pace italiana, strutturata sul Battaglione Bersaglieri «Governolo», il 21 agosto 1982, alla presenza del Ministro della Difesa Lelio Lagorio, si imbarca a Brindisi sulle navi da sbarco Grado e Caorle e parte alla volta di Beirut per compiere quella che sarà etichettata come Missione «Libano 1».La Missione ha successo ed Arafat ed i combattenti palestinesi vengono evacuati da Beirut. Tutti pensammo che il problema fosse stato, se non completamente, almeno in larga parte, risolto; no, non era così, i fatti dei giorni seguenti lo avrebbero smentito.

Pochi giorni dopo, il 23 agosto, il Capo delle Forze Libanesi maronite (al Kata’ib al Lubnanyyia – la Falange del Libano), Bachir Gemayel viene eletto Presidente della Repubblica del Libano; il 14 settembre, una bomba collocata nella sede del Partito Falangista causa la morte del neoeletto Presidente Gemayel e della figlioletta di quattro anni. La reazione delle milizie falangiste libanesi non si fa attendere e, grazie alla connivente criminale complicità dei soldati israeliani, il 16 settembre entrano nei campi palestinesi di Sabra e Chatila dove, indisturbati, in 48 ore massacrano un migliaio di palestinesi. Nella quasi totalità vecchi, donne e bambini indifesi.

Quando sabato 18 settembre ai giornalisti fu consentito l’accesso ai campi palestinesi, la notizia della strage si diffuse immediatamente nel mondo intero, generando scalpore, orrore e proteste. Il Governo italiano reagisce e propone agli alleati di rimandare una Forza Multinazionale in Libano per sostenere il Governo Libanese e proteggere la popolazione palestinese. Alla proposta italiana aderiscono i Governi degli Stati Uniti e della Francia (successivamente si aggregherà anche il Regno Unito).

Arriva l’ordine di partire e, noi del «San Marco», alla guida del Comandante Pier Luigi Sambo, in meno di 24 ore, imbarcammo personale, materiali, armamenti, munizioni e mezzi sulle Navi da Sbarco Grado e Caorle e, il 22 settembre 1982, nel primo pomeriggio, salpammo da Brindisi alla volta di Beirut. La Missione «Libano 2» era iniziata, la prima Missione militare del dopoguerra, che vedeva impegnati Reparti organici delle nostre FF.AA.

Quella di Beirut fu un esperienza che ci segnò tutti profondamente. Non solo in termini di maturazione individuale, ma anche il «San Marco» cambiò. Nei diciotto mesi in cui operammo a Beirut, acquisimmo la coscienza delle capacità di un Reparto come il nostro e delle capacità professionali dimostrate dai nostri giovani ragazzi alla loro prima esperienza «sul campo»; capacità che si sarebbero via via incrementate nelle missioni successive in Somalia, in Bosnia, in Albania, in Kosovo, in Iraq, in Afghanistan, in Libia ecc …

Ma non solo questo, il San Marco subì una mutazione interna. Una mutazione che segnò la chiave di volta che ha lo portato a raggiungere gli ambiti livelli a cui il Reparto è arrivato oggi. Sì, perché, da quei giorni in poi, il San Marco cessò di essere un mero Reparto Militare ma divenne una Famiglia in cui, più delle spalline, contavano il rispetto e la fiducia reciproche. Ma non solo tra noi militari, il San Marco divenne la casa anche delle nostre famiglie, infatti, quando, improvvisamente, partimmo per la Missione, le nostre mogli – poco più che ventenni –  si trovarono a dover gestire una situazione a cui non erano abituate, dovendo mandare avanti la casa e la famiglia, in assenza del conforto e dell’aiuto dei mariti; per giunta, in una situazione di forte stress psicologico, dovuto al fatto che i loro cari vivevano una condizione di estremo pericolo.

A ciò si aggiunga che internet e la telefonia cellulare non esistevano e che, quindi, per le notizie dal Libano, dovevano affidarsi alla carta stampata ed ai telegiornali della TV di Stato. Fu anche per questo che le nostre famiglie cominciarono a frequentare la Base della Marina tutti i pomeriggi, in modo da scambiarsi notizie e consigli di vita e ricevere notizie dall’Ammiraglio della Terza Divisione Navale.

Tuttavia, poiché tutte le Missioni Militari comportano anche rischi per chi partecipa, non fummo esenti da incidenti di varia gravità in cui i nostri ragazzi furono coinvolti. Voglio ricordare, in particolare, il Marò Filippo Montesi che, vittima di un attentato, perse la propria giovane vita; Il Marò Luigi Fiorella che, nello stesso attentato, rimase paralizzato agli arti inferiori; il nostro concittadino Capo Gianfranco Melfi che, in seguito all’esplosione di un auto-bomba, perse l’occhio destro; il Marò Giovanni Samannà, al quale fu amputata la gamba sinistra; oltre ad altri quindici ragazzi che subirono ferite da arma da fuoco, ma con conseguenze di minore gravità.

Da allora, come ho detto poc’anzi, il San Marco divenne una vera famiglia: tragedie, problemi o gioie di uno, diventavano tragedie, problemi e gioie di tutti. Ecco, credo che se ci fosse una sola cosa da salvare della Missione in Libano, sarebbe quest’ultima. Ed è proprio per ricordare quella prima indimenticabile Missione che il prossimo 27 settembre, qui a Brindisi, presso il «Castello» e le altre strutture militari della Brigata Marina San Marco, è stato organizzato l’incontro dei «ragazzi» dell’allora Battaglione «San Marco» (oggi sessantenni) che, quarant’anni fa, presero parte alle Missioni di Pace in Libano.

Servizio di Fabrizio Maltinti (Agenda Brindisi – 23 settembre 2022)

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