Autore: Attualità IN EVIDENZA

Papa Francesco, il discorso di Fusco nel Consiglio comunale di Brindisi

Nel corso della seduta monotematica del Consiglio comunale di Brindisi dedicata al ricordo di Papa Francesco (6 maggio 2025) il Capogruppo consiliare del Movimento 5 Stelle, avvocato Roberto Fusco, ha pronunciato il seguente discorso.

Siamo qui oggi per ricordare un uomo che ha segnato il nostro tempo con la forza mite della sua testimonianza: papa Francesco.
Era il 13 marzo 2013 quando il cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, venne eletto papa. Il primo papa latinoamericano, il primo gesuita, e soprattutto il primo a scegliere un nome che fino ad allora nessun altro aveva mai osato assumere: Francesco. Non era una scelta ornamentale. Era una scelta di campo. Un messaggio immediato e inequivocabile: avrebbe guidato la Chiesa con lo spirito del poverello di Assisi, mettendo al centro i poveri, la pace, e il rispetto per il creato.
Quel nome era già una rivoluzione. Francesco d’Assisi, amico dei lebbrosi e dei lupi, fratello del sole e della luna, è stato per lui una bussola spirituale. E da quel giorno, la Chiesa intera ha capito che stava per iniziare una nuova stagione: non fatta di privilegi e pompa, ma di servizio, ascolto e cammino comune. Le sue prime parole furono “fratelli e sorelle, buonasera”, detta con quel tono caldo e disarmante che avrebbe contraddistinto tutto il suo pontificato.
Anche la scelta di Francesco di non vivere nel Palazzo Apostolico, ma di restare a Santa Marta, la residenza in cui alloggiava durante il conclave, è stato un gesto non solo di stile ma di sostanza: una vita condivisa con la gente comune, una vicinanza quotidiana ai bisogni della Chiesa reale, fatta di poveri, migranti, emarginati. Non è stata una rinuncia, ma un abbraccio: abbraccio alla giustizia sociale, alla sobrietà, alla testimonianza coerente. In un mondo segnato da disuguaglianze crescenti, egli gridava con forza evangelica che “questa economia uccide”, e che la Chiesa non può restare neutrale davanti al grido dei poveri.
Non a caso uno dei suoi primi viaggi è stato il recarsi a Lampedusa, per ribadire la necessità di accogliere chi si espone persino al rischio di morire in mare pur di sfuggire alla povertà ed alle atrocità dei luoghi in cui è nato.

Ma papa Francesco non è stato solo voce degli ultimi: è stato anche voce della Terra. La sua enciclica Laudato si’, pubblicata nel 2015, è un manifesto spirituale e politico insieme. Un invito a riascoltare il “grido della terra e il grido dei poveri”, che sono, in fondo, un unico grido. Parla dell’ecologia integrale, che non si limita alla difesa dell’ambiente ma include l’uomo nella sua totalità: la casa comune, il lavoro, le relazioni, la giustizia intergenerazionale: non si può parlare di Dio dimenticando il creato, non si può lodare il Creatore e distruggere la sua opera. In Laudato si’, Francesco non si è mostrato un papa solo dei cattolici, ma dell’intera umanità: ha parlato ai governi, ai giovani, agli scienziati, ai contadini, a chi lotta ogni giorno per un mondo vivibile. Ci ha ricordato che “tutto è connesso”, e che siamo tutti fratelli nella stessa fragile avventura umana.
E come non ricordare il suo impegno incessante per la pace? Non è stato spettatore ma parte attiva: in un mondo devastato da conflitti sempre più crudeli, papa Francesco si è fatto costruttore di ponti dove tutti innalzavano muri.
Per l’Ucraina, nonostante le critiche, nonostante le difficoltà diplomatiche, non ha mai rinunciato a invocare la pace, a incontrare delegazioni di ogni parte, a proporre corridoi umanitari.
Nel maggio 2023 ha inviato a Kiev il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana, per una missione volta a “contribuire ad allentare le tensioni nel conflitto in Ucraina”, con la speranza che potesse avviare percorsi di pace. Anche riguardo alla Palestina, nel condannare il massacro del sette ottobre 2023 da parte dei terroristi di Hamas, ha sempre invocato la cessazione della strage della popolazione civile innocente e di tante decine di migliaia di bambini che si stava compiendo e che si sta tutt’ora compiendo nella striscia di Gaza da parte del governo istraeliano.
Negli ultimi mesi della sua vita, nonostante le condizioni di salute sempre più precarie, papa Francesco non ha mai smesso di cercare strade di dialogo.
Ogni giorno chiamava personalmente il parroco di Gaza per avere notizie, per esprimere vicinanza, per confortare chi non aveva più nulla. In quelle telefonate c’era tutto il cuore di un pastore che non abbandona il suo gregge nemmeno sotto le bombe. Quella voce al telefono era il filo sottile di una Chiesa che non si rassegna alla guerra, che non accetta che la vita innocente venga calpestata.
Francesco sapeva che la pace non si costruisce solo con trattati o accordi, ma anche – e forse soprattutto – con le parole. Celebre la sua frase:
“Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra”; frase che non voleva essere solo un invito alla responsabilità da parte dei governanti dei vari Paesi e dei media, ma un’esortazione a tutti noi: le parole sono semi, con esse possiamo costruire ponti, o scavare abissi. Disarmare le parole – e quindi disarmare i cuori – era per lui il primo passo verso una pace vera, duratura.
Questo invito a disarmare le parole non era un’astrazione, ma trovava riscontro quotidiano nei gesti di Francesco, nei suoi appelli instancabili alla fine dei conflitti, nella sua vicinanza reale a chi soffre le conseguenze della guerra.
Ma papa Francesco non si è interessato solo alla Palestina e all’Ucraina: in dieci anni di pontificato ha visitato i luoghi più dimenticati del mondo, come Lampedusa, per ricordare i migranti morti in mare; Lesbo, per dare rifugio a chi fugge; il Congo e il Sud Sudan, dove ha chiesto perdono per le violenze commesse anche in nome della religione; l’Iraq, per incontrare l’Islam ferito dalla guerra e tendere la mano ai fratelli musulmani. E ha portato, ovunque andasse, non un potere da difendere, ma un amore da donare.

Oggi però lo ricordiamo non solo per ciò che ha fatto, ma per ciò che ci lascia: un’eredità profonda, scomoda, viva. Ci lascia la Chiesa del Vangelo, non quella dei privilegi. Ci lascia la domanda urgente: che mondo vogliamo consegnare ai nostri figli? Ci lascia l’invito a prenderci cura – con cuore, con mani, con coraggio – della terra, dei poveri, della pace.
Papa Francesco è stato il papa della speranza concreta, non illusoria. Ci ha insegnato che si può essere autorevoli con dolcezza, radicali con tenerezza, rivoluzionari con misericordia. È stato, come Francesco d’Assisi, un “giullare di Dio” in un mondo smarrito. E proprio come il Poverello, ha lasciato una traccia luminosa per chi crede ancora che l’amore possa cambiare la storia.
Sta a ciascuno di noi, ad ogni comunità ed a anche a questo Consiglio Comunale che rappresenta la città di Brindisi, attuare con atti concreti i principi espressi da Papa Francesco.
Ai ragazzi presenti del Consiglio comunale dei Giovani, ed ai giovani tutti ricordo le parole di Papa Francesco: fate sentire la vostra voce; fate rumore.
Grazie, Francesco. Grazie per esser stato e per continuare ad essere la stella cometa che può guidare il nostro cammino di tutti i giorni.
Avvocato Roberto Fusco – Capogruppo del Movimento 5 stelle di Brindisi

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