Autore: Attualità IN EVIDENZA Spettacolo

Brindisi: il rito del concerto di Capodanno, ai tempi del Covid

Il Concerto di Capodanno è un rito liturgico al quale nessun «credente», amante della musica classica può sottrarsi. La cerimonia si è compiuta al Nuovo Teatro Verdi, di Brindisi la sera del primo gennaio Le regole non scritte prevedono una programmazione con i valzer di uno Strauss d’ordinanza, eseguiti da musicisti ineccepibili in abiti di gala, diretti da un Maestro dalle code svolazzanti, presentati da un impeccabile cerimoniere. E a noi habitué, che non ne saltiamo uno neanche in pandemia, sembra che il rito si compia da solo, senza particolari affanni, forse perché le musiche sono orecchiabili e allegre e augurali. Ma se guardiamo bene la scena, i violinisti sono seri e composti, i loro archetti svolazzano in sincrono, come un corpo unico che si intende senza parlare. Seguiamo con gli occhi lo sciame dei crini di cavallo e troviamo le viole, dal suono caldo e ovattato, che introducono i nobili violoncelli e i grevi e ingombranti contrabbassi. I fiati sono nascosti, scorgiamo il clarinetto, ma trombe e tromboni si possono solo intuire, quando le note che nascono dall’aria irrompono nella melodia. I concertisti sono una rappresentanza della quarantennale orchestra della Provincia di Lecce, ora chiamata «Orchestra da Camera di Lecce e del Salento», il fiore all’occhiello della musica salentina.

Il direttore d’orchestra, Eliseo Castrignanò è giovane e sorridente, sembra divertirsi un mondo, il maestro di cerimonia, il bravo presentatore Antonio Celeste, si destreggia sul palco come una farfalla tra i fiori e in apertura si concede la libertà di nominare uno per uno, tutti gli orchestrali presenti. Tutto è calibrato, al minuto, i tempi rispettati, della musica e delle parole. Si parla di virus e di restrizioni nel discorso introduttivo, potrebbe sembrare fuori luogo, ma niente lo è nella serata. Neanche il sindaco Riccardo Rossi, sempre presente con la sua famiglia, quando nell’augurare un buon inizio cita il PNRR. Sono tutti professionisti, ognuno nel proprio campo.

Per eseguire un valzer di Strauss, un violinista ha esercitato la tecnica diverse ore al giorno per dieci anni, il tempo del diploma, conosce le leggi dell’armonia e del solfeggio, ha studiato la storia della musica. Anche dopo aver conseguito il titolo lo strumento rimane il suo fedele compagno di viaggio, per tutta la vita. Il direttore d’orchestra è musicista a sua volta, ma deve avere in più carisma e autorevolezza, deve saper dettare i tempi e dare gli attacchi, ha sotto gli occhi la vista sinottica delle partiture di tutti gli strumenti. Il presentatore dalla dizione perfetta, derivante anche questa da anni di esercizi, sa dare il giusto ritmo allo spettacolo, né affrettato, né troppo lungo per non annoiare. Da bravo giornalista si è preparato sul tema della serata, ma prima tratteggia il quadro della situazione attuale, parla di vaccini, di virus da gestire e di regole sanitarie. Alla fine del concerto, al secondo bis con la immancabile marcia di Radetzky, noi del pubblico, dalle nostre comode poltrone, abbiamo capito quanto competenza e professionalità siano determinanti perché la macchina dello spettacolo funzioni. Ma ugualmente ci rendiamo conto quanto siano bistrattate di questi tempi, quanta poca fiducia riponiamo nel sapere dei professionisti, quanto consideriamo fuori moda il rispetto delle regole, quanto sbagliamo a ragionare da solisti nell’orchestra della società civile e dell’umanità tutta. Come nel concerto di Capodanno, anche in questo periodo di emergenza sanitaria, noi siamo degli spettatori, ma partecipi e attivi, perché dipende anche da noi la riuscita di una kermesse. Ma non facciamoci illusioni. Condurre una serata perfetta può sembrare semplice, ma non lo è. Al momento della marcia di Radetzky, seguiamo sì, il bravo direttore che ci invita ad accompagnarlo e ci dà il tempo con la bacchetta, ma noi possiamo solo battere le mani.

Valeria Giannone

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