Autore: IN EVIDENZA Politica

Cristiano D’Errico: riflessioni sulle «consuetudini» di Cannalire (Pd)


Lo devo ammettere, non capisco! Non capisco  l’utilità dell’assiduità con la quale il segretario cittadino del PD frequenta Palazzo di Città. Prima delle sue ultime dichiarazioni, rese in occasione della trasmissione televisiva “Palazzo Nervegna”, in onda il 24 febbraio scorso su Studio 100, si sarebbe potuto pensare che la sua “quasi quotidiana” presenza fosse legata al suo ruolo istituzionale; così come le sue visite presso l’Ufficio di Ragioneria. E invece forse non era così. Forse le visite presso l’ufficio Ragioneria, apparentemente per ottenere informazioni sulla riorganizzazione dell’ufficio tributi oltre che sul piano di riequilibrio pluriennale, erano solo delle scuse per entrare a Palazzo di Città, per passare il tempo libero? Altrimenti non si spiegherebbero le affermazioni del segretario che sostiene che la nuova impostazione dell’Ufficio Tributi sia stata voluta (imposta) dal Dirigente e dall’Assessore dimenticando che sulla questione si sono spese riunioni della commissione bilancio, presieduta da un consigliere del PD, come pure riunioni di maggioranza; alle quali egli era presente. Oppure quando sostiene che i due abbiano costretto la Giunta a proporre al Consiglio, perché lo approvasse e votasse, il piano di riequilibrio pluriennale. Anche questo ampiamente dibattuto in commissione bilancio ed in maggioranza. E dimentica che il sindaco in una recente intervista ha dichiarato che avrebbe dovuto procedere prima con l’adozione del piano di riequilibrio. Confuso e smemorato?

È evidente, anche, il livello di stima che il segretario ha nei confronti dei Consiglieri di maggioranza, perché sostenere che gli stessi abbiano votato la riforma dell’Ufficio Tributi ed il Piano di riequilibrio pluriennale significa dire che essi non hanno capacità e competenze per comprendere ciò che approvano con il loro voto. Ma dalle dichiarazioni emergono ulteriori elementi di  confusione: se il DITNE (Distretto Tecnologico Nazionale sull’Energia di Brindisi), cui collabora, l’ex senatore Tomaselli, responsabile per il PD del dipartimento nazionale per le politiche energetiche, sostiene che il progetto Edison può essere utilizzato anche per la catena del freddo (sicuramente le frigorie sviluppate dal deposito di GNL sono inferiori a quelle di un impianto di rigassificazione come quello progettato dalla British Gas), il segretario lo smentisce come farebbe un esperto di processi industriali sostenendo l’impreparazione della classe politica cittadina; quindi anche l’impreparazione dell’ex assessore Tomaselli. E ancora confusione emerge quando, durante l’intervista, una volta dichiara che il progetto Edison rappresenta un potenziale investimento “di cui non conosciamo i dettagli” e pochi minuti dopo afferma che “siamo in uno stato avanzato dell’opera”. Del resto anche in passato Cannalire aveva dato sfoggio delle sue capacità di amministratore quando propose la realizzazione di un parcheggio multipiano al posto del liceo artistico Simone Durano, scuola inaugurata nell’ottobre del 1939. Queste le qualità dell’uomo politico.

Ma questo stato confusionale non è solo del segretario ma di tutta la maggioranza esplicitata in occasione dell’ultimo consiglio comunale con l’astensione del PD e di Carbonella di Italia vita, il contestuale voto contrario di BBC ed il voto favorevole di Guadalupi e di tutta l’opposizione all’ordine del giorno, proprio sulla questione deposito GNL di Edison. Cannalire certamente è bravo: parla di sviluppo, di visione della città e del suo futuro ma dimentica di declinarla, di spiegare come si argina il declino di questa città sull’orlo del baratro. Una visione che non si vede; il futuro nebuloso ed incerto di cui non si definiscono le linee di progresso e di un nuova industrializzazione. C’era una volta un programma elettorale e c’erano le linee programmatiche del sindaco e c’era una maggioranza, che ora non c’è più. Ma su questo è necessario ritornare. Ora rimane una desolante confusione.

PS – Colgo l’occasione per ricordare al segretario che il modo di dire non è “fare il tiro al piattello” ma “fare il tiro al piccione” perché il volo del piccione quando usciva dalle gabbie era lineare e quindi era facile per i tiratori colpire il povero animale.

Cristiano D’Errico

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