In attesa di novità riguardanti l’eventuale ripresa del campionato di serie D, abbiamo intervistato l’indimenticabile ex calciatore del Brindisi Mario Cantarelli, grande capitano di tante battaglie. Totalizzò 230 presenze, contribuendo alla promozione e alla permanenza del Brindisi in B.
Com’è stato il tuo approccio con il calcio?
Frequentavo l’Oratorio Don Bosco, dove c’era un grandissimo cortile. Era un punto di aggregazione per i ragazzi. Inoltre, d’avanti alla mia casa c’era il Foro Boario, uno spazio dove ci trovavamo tutti i giorni dopo la scuola per giocare partite senza fine.
Puoi raccontare i tuoi inizi calcistici e le squadre in cui hai giocato?
Dal Fidenza, dove giocavo come mediano, un amico di mio padre mi portò a fare un provino al Monza, allora in serie B. Andò così bene, che dopo soli 20 minuti riuscii ad accattivarmi le attenzioni dell’allenatore La Manna, che mi inserì nella rosa dei più esperti giocatori di serie B. Passai dai dilettanti ai professionisti in soli 20 giorni, addirittura esordendo in B contro la Triestina. A fine anno il passaggio al Bari in serie A dove, prima di partire militare, disputai una sola partita a Roma con la Lazio. Nel frattempo il Bari prima retrocesse in B, successivamente in C e tutti i miei sogni svanirono. Finito il militare, sempre con il Bari, vinsi il campionato di serie C. A fine stagione passai al Pescara in serie C, dove restai per due campionati.
Com’è avvenuto il tuo passaggio al Brindisi?
Il commendator Franco Fanuzzi, venuto a conoscenza delle difficoltà economiche del Pescara, per rinforzare il suo Brindisi, fece richiesta all’allora presidente abruzzese di tre giocatori: Cremaschi, Boccolini e Cantarelli. Com’è stato il tuo rapporto con Fanuzzi e quali erano i suoi programmi? Persona indimenticabile. Il commendator Fanuzzi, è stato un grandissimo uomo e un personaggio unico, ma soprattutto un grande intenditore di calcio. Si sentiva talmente legato alla città, che voleva portare la squadra ai massimi livelli. In un momento di confidenza mi disse: «Mario dobbiamo portare questo Brindisi ai massimi livelli». La serie B doveva essere una tappa intermedia, la sua ambizione era la serie A, e sono sicuro che ci sarebbe riuscito.
Come fu il tuo approccio con la città?
Non fu dei migliori. Per andare allo stadio, venendo da fuori, passai dal rione Paradiso, poi la desolata via Brandi dove, durante il percorso, incontravi le baracche chiamate «Corea», a seguire l’unica costruzione accettabile, l’Ostello della Gioventù. Furono i brindisini, con il loro affetto, a conquistarmi: ero nel posto giusto. Oggi la città è cambiata esteticamente in meglio.
Come consideri l’esperienza vissuta a Brindisi?
Quella di Brindisi è l’esperienza che mi ha segnato maggiormente, dandomi le più belle soddisfazioni, non solo come calciatore ma come uomo. Il tuo ruolo era quello di libero, un ruolo attualmente integrato nella zona. Il ruolo di libero fu un’intuizione di Nereo Rocco. Le caratteristiche erano quelle di avere buoni piedi, grandi doti fisiche, buona lettura utile ad intuire dove sarebbe finito il pallone, da intercettare prima che fosse pericoloso.
Quali furono i consigli di Luis Vinicio?
Il grande Vinicio mi fece capire che per essere un grande libero, dovevo usare non tanto le mie capacità, quanto quelle dei miei compagni di reparto.
Segui l’attuale Brindisi?
Seguo sempre il Brindisi, perché i valori affettivi non si possono scordare, così come il legame con la città.
Dove hai concluso la tua carriera calcistica?
Da Brindisi mi sono trasferito prima a Chieti, dove vinsi il campionato di serie D, poi ad Acireale dove chiusi la carriera.
Vuoi salutare i brindisini?
Un grande abbraccio e un grazie di cuore per quello che mi avete dato e quello che mi avete insegnato.
(Nella foto in evidenza due grandi ex biancoazzurri: Aldo Sensibile e Mario Cantarelli)