Autore: Cultura IN EVIDENZA

Il verismo scultoreo di De Matteis, bella antologica al MUST di Lecce

Indagare in profondità una delle figure di maggior rilievo, ma sinora poco studiata, della scena artistica pugliese nei decenni a cavallo tra Otto e Novecento, e porgerne gli esiti al servizio della comunità (non solo di studiosi e addetti ai lavori) con una mostra antologica allestita al MUST di Lecce e un catalogo di elevato spessore (edito dallo stesso MUST), immediatamente assurti – per i contenuti storico-scientifici anche inediti – a riferimenti fondamentali per ulteriori futuri percorsi ricognitivi.

Sono il senso e la finalità della considerevole attività di ricerca, approfondimento e divulgazione realizzata da Massimo Guastella, docente di Storia dell’Arte Contemporanea all’Università del Salento, con un comitato scientifico di alto profilo: Claudia Branca (direttore del MUST di Lecce e co-curatrice, con Guastella, della mostra), Raffaele Casciaro (direttore del Dipartimento Beni Culturali Unisalento), Lia De Venere (storica dell’arte già docente all’Accademia di Belle Arti di Bari), Diego Esposito (direttore del MUSAP di Napoli), Alfonso Panzetta (docente all’Accademia di Belle Arti di Bologna) e Isabella Valente (docente all’Università Federico II di Napoli).

Francesco De Matteis (Lecce 1852 – Napoli 1917), scultore formatosi negli ambienti leccesi del cosiddetto “artigianato artistico” e dell’arte figulina nelle botteghe dei cartapestai e nei laboratori di ceramica salentini, nel febbraio del 1877 si iscrive al Real Istituto di Belle Arti di Napoli e al tempo stesso va a lezione dal conterraneo Gioacchino Toma (il maestro galatinese verrà da lui ritratto, nel 1896, in un monumentale busto bronzeo collocato a Lecce in piazzetta Falconieri, ma rimosso e fuso per esigenze belliche durante il secondo conflitto mondiale).

L’artista avrà un ruolo di protagonista all’interno di quel coacervo di giovani che avevano eletto a sede di studio e di lavoro lo stimolante ambiente che nel periodo postunitario rese la città partenopea una vitale “capitale” di riferimento nel contesto artistico e letterario internazionale, al pari dei maggiori centri culturali europei quali Parigi, Londra e Monaco per citare i principali. Nonché per offrire nella sua città natale una stimolante opportunità di conoscenza de visu dell’opera del De Matteis, l’impianto metodologico dell’antologica leccese si caratterizza principalmente per tre matrici conoscitive e divulgative.

Innanzitutto, la descrizione dell’ambiente e della temperie in cui nasce e si forgia una generazione di scultori che si emanciperanno rispetto ai loro predecessori/maestri, affrancandosi da temi e stilemi ancora legati a certa produzione classicistica, dando luogo a contenuti ed esiti formali inediti e innovativi (staremmo per dire “rivoluzionari”) di cui si dirà appresso. Su questo piano, il cospicuo contributo in catalogo di Isabella Valente non poteva non dimostrarsi ancora una volta fondamentale.

Quindi, il mutamento – quasi una presa di distanze appunto, in netto distacco da tematiche e modalità espressive correnti – della poetica che ispira l’arte e la creatività (non solo) scultorea a partire dal periodo post-borbonico (per inciso, non si dimentichino i coevi dirompenti fermenti impressionistici che investono anche l’attività plastica dell’epoca, tradizionalmente poco permeabile alle innovazioni). La scelta dei materiali – terrecotte e gessi, unitamente al bronzo, prenderanno il sopravvento sul marmo – ma soprattutto dei temi e dei soggetti, costituiranno la nuova cifra poetica ed estetica del tempo. Le figure sacre e mitologiche cederanno il passo a soggetti popolari presi dal quotidiano e dal folklore meridionale, segnatamente partenopeo: lo scugnizzo, la contadinella, il pastorello, il ciabattino, il musicante, ma anche – per andare sul sociale – l’operaio, il diseredato, l’emarginato. Con la virata verista varieranno anche le dimensioni dell’opera, il cui taglio molto più contenuto risponderà al gusto e alle richieste di un nuovo collezionismo orientato verso il bronzetto. Nel suo saggio in catalogo, Isabella Valente puntualmente evidenzia tale aspetto in questi termini: «Il ‘gusto del bronzetto’, vera e propria moda alimentata dai bronzetti ellenistici ercolanesi e pompeiani che emergevano dal cantiere di scavo, si trasferì nel mondo reale. Ai fauni, ai satiri, ai mercuri e ai fanciulli desunti dall’antichità, moltiplicati nel bronzo attraverso le copie autorizzate principalmente dalle fonderie Chiurazzi, Sommer e De Luca, si andarono ad affiancare e poi lentamente a sostituire i fanciulli tratti dalla vita vera».

Terza direttrice su cui è stata orientata la ricerca di Guastella e Branca, con il contributo del nutrito gruppo di studiosi, è quello che può considerarsi il primo vero affondo storico-filologico nella biografia di Francesco De Matteis, con i pregevoli esiti – pur nella relativa lacunosità delle fonti e delle notizie – che il visitatore della mostra e/o il lettore del catalogo possono constatare. L’esposizione non segue pedissequamente il percorso cronologico della produzione dematteisiana, creando viceversa diversi stazionamenti sincronici che favoriscono l’osservazione sinottica di più manufatti realizzati in momenti differenti, consentendo raffronti utili sia a meglio definire le singole fasi creative, sia a stimolare ulteriori approfondimenti: « Il taglio storiografico e il fine critico del progetto espositivo – scrive Massimo Guastella al riguardo – sono innanzitutto orientati a proporre, con un approccio esplorativo meramente storico-artistico, un primo, accurato, riordino filologico dell’itinerario di Francesco De Matteis. Nella consapevolezza dell’importanza che assume l’osservazione diretta delle opere d’arte – ch’è propria delle mostre -, parallelamente v’è il tentativo di avviare una iniziale valutazione della sua produzione attraverso certa selezione, in forma antologica, delle sue statuette, disseminate da sud a nord nel territorio nazionale. […] In sintesi – prosegue Guastella – si vuole tracciare un percorso di lettura delle tematiche più significative della scultura di De Matteis, che si sviluppano, come appare evidente, nell’arco della sua produzione senza caratterizzare fasi ben precise di linguaggio e poetica. La fusione di stessi soggetti, reiterati più volte negli anni, sulla medesima forma o con minime varianti – raramente datati, in qualche caso non direttamente di sua mano ossia replicati autonomamente da fonderie con risultati differenti – non è d’aiuto. Perciò, a fronte di questo limite, la sua arte ancora poco nota e ancor meno studiata e con una biografia lacunosa andrà attentamente analizzata, ai fini di una futura corretta messa a fuoco».

Infine, l’allestimento: gli accorgimenti storico-filologici cui si è appena fatto cenno sono corroborati da un impianto espositivo gradevole e intuitivo, grazie a un percorso opportunamente corredato di elementi graficamente accattivanti, ma lungi da invasività di sorta, tesi a valorizzare le cinquanta piccole sculture di un artista che, anche grazie a questo importante momento leccese, può degnamente essere considerato tra i maggiori del panorama scultoreo otto-novecentesco del Mezzogiorno.

Domenico Saponaro

Francesco De Matteis (1852 – 1917) | A cura di Claudia Branca e Massimo Guastella | MUST – Museo Storico Città di Lecce – Via Degli Ammirati 11 | Fino al 13 settembre 2022 dal martedì alla domenica dalle 10 alle 21 | Catalogo Ed. MUST Lecce | Info www.mustlecce.it

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