Autore: Allegro ma non troppo IN EVIDENZA Rubriche

Un mostro e due ragazzi normali

La notizia del delitto mi è arrivata quasi in tempo reale. Ero a Lecce per le votazioni e il messaggio serale con l’amica si è trasformato in una concitata telefonata di preoccupazione e stupore, per polizia e ambulanza vicino la sua casa e per la notizia che già cominciava a circolare: l’uccisione, a coltellate, di due ragazzi «normali».
Non che il 2020 sia un anno normale, o che quella trascorsa sia stata un’estate normale, ma insomma Lecce si poteva ancora considerare una cittadina normale, che provava a rientrare nella normale dimensione di provincia del sud, e così Daniele ed Eleonora, due giovani, una coppia normale.
E dire che la nostra storia recente è stata scandita da una normale criminalità organizzata, con i suoi normali omicidi, estorsioni, minacce, da un normale contrabbando, da sparizioni di bambini, pedofilia, da femminicidi secondo canone, da un normale rapimento con prigionia nelle campagne di Surbo, insomma, non è che parliamo di una tranquilla e sonnacchiosa vita di provincia.
Eppure, questo delitto, sembra aver smosso un finto e galleggiante torpore estivo e ci fa sentire catapultati tutti sul set di uno psico thriller.
Sì, perché l’anormalità di questo efferato omicidio sta proprio nello «psico», nell’eccezionalità di una mente umana che arriva a pianificare un delitto che ambiva allo status di «perfetto» (ma in realtà non ci è andato neanche vicino), e che soprattutto non aveva un movente normale. Ora diamo per assodato di possedere il concetto di normalità senza scomodare Foucault, che negli anni ’70 tenne a Parigi un corso su Gli anormali, seppure pensandoci Antonio De Marco, l’assassino, sembri rientrare nella categoria foucoltiana del mostro umano. Il filosofo definiva così l’individuo che viola le leggi della natura o quelle dell’uomo, mostruosità biologica o morale se un individuo senza motivazioni mette in discussione la norma, il sistema delle leggi e del diritto. Si sentiva così? Fuori dalla norma? Diverso? Si rendeva invisibile Antonio, non aveva una vita sociale.
Forse per nascondere un difetto fisico, un problema alla schiena che lo costrinse in un busto opprimente e gli ha lasciato un’andatura claudicante diventata poi la sua firma nelle videocamere di sorveglianza. E quella sua «mostruosità» biologica può aver condizionato la sua visione morale del mondo, diventa mostruosità di condotta.
Forse si riteneva indegno di partecipare alla normalità come gli altri: una vita di affetti, relazioni, amicizie. Una diversità che ho ricondotto mentalmente a Leopardi e alla sua gobba, a Gramsci detto «su gobbeddu» in sardo, da bambino appeso al soffitto come inutile cura per la sua colonna deforme. Una diversità che nelle menti superiori viene sublimata e sfocia nell’opera d’arte (che sia un quadro, una poesia, un pensiero politico). In Antonio la sua anormalità, la sua invisibilità, non troverà altro sfogo: la mostruosità di sessanta coltellate.
Valeria Giannone (Rubrica ALLEGRO MA NON TROPPO – Agenda Brindisi – 2 ottobre 2020)

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